mercoledì 29 gennaio 2014

Lamerica (1994)

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DRAMMATICO – DURATA 125′ – ITALIA                                                         
Due faccendieri italiani, Fiore e Gino, comprano un calzaturificio statale in Albania. Trovano anche un “uomo di paglia” come socio locale, un povero vecchio con problemi mentali, Spiro. Quando questi si volatilizza, Gino lo cerca e lo trova, ma l’affare va a monte…

Le prime immagini sono quelle di un vecchio documentario propagandistico del ventennio fascista, che mostra come gli italiani abbiano "civilizzato" l'Albania. Poi ecco le immagini moderne, ambientate nel 1991. L'Albania è un paese in rovina, con un caos ovunque indescrivibile, che sogna l'Italia vista alla televisione. La gente cerca di scappare per arrivare in Italia, ma non tutti i viaggiatori sono diretti all'estero. Infatti, ve ne sono anche alcuni, pochi, che sono diretti in Albania.
L'affarista "Fiore" e il giovane assistente Luigi arrivano con il loro moderno fuoristrada pick-up. Fiore è ideatore di una sostanziale truffa, ovvero simulare un'iniziativa economica (comprare una fatiscente fabbrica di scarpe) sfruttando le leggi italiane sull'imprenditoria all'estero, allo scopo di intascare ingenti contributi statali. Fiore è il capo della delegazione, e nel vedere la catastrofe umanitaria in cui versa il paese critica aspramente la politica che lo ha ridotto così, mentre il funzionario albanese che li accompagna cerca di giustificare lo stato miserevole in cui la sua terra versa. Lungo le strade si vedono anche alcuni dei bunker comprati dalla Cina dall'ex-dittatore Enver Hoxha.
Alla fine del viaggio d'andata, i due sono presentati ad una donna che dovrebbe fare da prestanome per la proprietà della fabbrica. Ma Fiore scopre che questa donna, che specificatamente era stata richiesta come "priva di parenti", è in realtà vicina al funzionario (che si giustifica, dicendo che è solo una "cugina di terzo grado"). Allora Fiore perde la pazienza e chiede di avere un albanese senza parenti che possano in qualche modo beneficiare della sua nomina. E non fidandosi chiede di visitare un ospizio. Qui, in condizioni di disagio terribile, vivono molti anziani e disabili, fra i quali Fiore e Luigi ne trovano uno adatto al ruolo di prestanome della società. Così lo tirano fuori dall'ospizio e lo portano con loro.
Le vicende si complicano quando l'anziano "presidente" fugge dalla struttura delle Suore di Madre Teresa dove era stato portato, costringendo Luigi ad inseguirlo. Il vecchio, giunto in una cittadina col treno, viene aggredito dai ragazzini di strada, che gli rubano anche le scarpe e quasi lo soffocano. Alla fine Luigi lo ritrova in un ospedale, dove è ricoverato, e, nonostante sia a malapena in grado di camminare, lo porta via. Ma è sorto un terribile dubbio: la dottoressa ha detto che il vecchio non è albanese, ma italiano, perché parlava in italiano e aveva detto di chiamarsi Talarico Michele. Luigi ribadisce che lui ha un passaporto albanese, ma la dottoressa racconta all'ignaro Luigi che dopo la seconda guerra mondialegli italiani rimasti in Albania vennero perseguitati e fucilati, così molti cambiarono identità. Anche il vecchio taciturno è dunque uno degli italiani dispersi nel dopoguerra? Luigi lo affronta chiaramente: ma tu chi cazzo sei? gli urla spazientito.
Viene fuori un poco per volta quello che l'uomo ha nascosto per decenni: si chiama Michele, ed è un siciliano, che fu mandato decenni prima a combattere in Albania, partendo lo stesso giorno in cui nacque suo figlio. Michele è convinto che il suo bambino adesso abbia 4 anni, che esista ancora una famiglia che lo aspetta a casa, e che lui stesso abbia ancora vent'anni. Pensa addirittura di essere in Abruzzo. Luigi lo tratta malamente, seccato dai suoi vaneggiamenti.
Il recupero è appena riuscito, quando le vicende si complicano ulteriormente: mentre l'azienda calzaturiera viene scoperta dalle autorità antifrode albanesi (ad insaputa di Luigi, che come accadeva all'epoca non aveva supporti di telefonia mobile), Luigi si ferma per cercare cibo e un bagno, dice ad un poliziotto di tenere lontano i ragazzini che sciamano ovunque, ma quando torna trova il suo veicolo senza più le ruote. A quel punto l'italiano è bloccato, e comincia ad inveire verso la folla, muta, che sta ora a distanza... albanesi del cazzo! urla fuori di sé.
Il vecchio, nel frattempo, sale su di un malandato e sovraffollato autobus, Luigi lo vede e cerca di raggiungerlo, salendo anch'egli sul mezzo. Cerca di farsi largo tra gli albanesi in piedi, ma i suoi modi arrabbiati quasi lo fanno pestare dai presenti, così scende di tono e si posiziona vicino al vecchio. L'autobus viene fermato su di un ponte da un posto di blocco della polizia. Luigi si fa largo con il vecchio, facendosi riconoscere come italiano. Poi salgono su di un camion diretto a Tirana. Lì Luigi viene bersagliato dalle domande dei ragazzi che si stanno dirigendo a loro volta nella capitale per imbarcarsi e scappare in Italia. Uno di loro si sente progressivamente male e muore nell'indifferenza degli altri, troppo eccitati al pensiero di andare in Italia a crearsi una nuova vita.
Alla fine i due arrivano nella capitale e lì, in un locale telefonico, Luigi scopre che la truffa è stata scoperta: il vecchio non è più presidente e lui stesso non ha più un lavoro. Luigi, progressivamente più colpito dall'altruismo e dall'ingenuità di Michele, inizia ad assecondarlo. Cerca di sistemarlo in un ristorante, dando soldi all'esercente, poi torna in albergo, ma trova la polizia ad aspettarlo: senza saperne il motivo, viene rinchiuso in una buia e sudicia cella con altri uomini.
Interrogato, gli viene spiegato che l'arresto è avvenuto a seguito della scoperta della truffa, ma anche che la polizia è in realtà interessata a mandare in prigione il funzionario corrotto. Gli viene suggerito di lasciare l'Albania, ma non gli è restituito il passaporto, perché ufficialmente Luigi dovrebbe restare nel Paese fino al processo.
Così Luigi arriva ad una soluzione estrema: prende una nave strapiena all'inverosimile assieme agli emigranti, e lì trova anche Michele, che è convinto di far rotta verso l'America. Luigi rinuncia ad ogni ragionamento: restà lì, disperato e forse speranzoso al tempo stesso, tra centinaia di albanesi che viaggiano alla volta della terra promessa, l'Italia. Sui volti della gente - i bambini, i giovani, le donne - e con uno sguardo all'orizzonte si chiude il film.

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