sabato 11 gennaio 2014

IL MARCHESE DEL GRILLO 1981

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LA TRAMA

Un nobile e il suo sosia nella Roma papalina e corrotta dell’Ottocento.
Il marchese Onofrio del Grillo, duca di Bracciano, è il tipico rappresentante della nobiltà papalina romana dell’Ottocento. Gaudente e amante degli scherzi, devoto ma sarcastico persino con il Papa, scova in una bettola un suo sosia che rischia (ma per scherzo) di finire decapitato al posto suo... 
Un Monicelli in tono minore, che affronta un contesto e una storia più nelle corde di Luigi Zampa ma tutta orientata verso gli aspetti comici e goderecci. Il regista toscano dimostra di affidarsi quasi totalmente alla verve degli interpreti. Sordi è bravo, ma chi risalta di più è Paolo Stoppa nel ruolo del Papa.

L'OPINIONE PIÙ VOTATA

Di Baliverna scritta il 02/10/2011 - utile per 6 utenti
Voto al film: voto mediocre
Difficile dare un giudizio omogeneo su questo film. Dal punto di vista strettamente cinematografico e della conduzione della trama mi sembra di livello complessivamente sufficiente: la prima parte è spigliata e vivace, la parte centrale si incarta e langue un po', e la parte finale recupera leggermente il ritmo perduto. L'umorismo è spesso troppo cinico e caustico per farmi ridere, eccetto, tengo a precisarlo, il divertente episodio dello scherzo dell'orinatoio. Tuttavia, nel film c'è molto più di una storia ambientata a Roma nel 1807 con tanto di sottofondo storico. Sceneggiatori e regista ce l'hanno messa tutta per attaccare in ogni modo la Roma papalina dell'epoca e per elogiare il vento napoleonico che aveva investito l'Europa, e che purtroppo – almeno così la tesi del film – era stato fermato dalle altre potenze del continente. Il film spara a zero sui tradizionali bersagli della sinistra, cioè il clero e la Chiesa, e naturalmente la nobiltà. Il fuoco è così continuo e la rappresentazione così manichea che il film su questi punti è certamente ripetitivo, e forse didascalico. Prelati e nobili sono delle caricature una peggiore dell'altra: goffi, ottusi, ipocriti, superbi, nemici della giustizia e della verità, oppressori del popolo. L'unica eccezione è rappresentata dal protagonista, che è una via di mezzo tra il vecchiume clerico-nobiliare e il nuovo che avanza. E' però troppo opportunista e velleitario per rappresentare una vera rottura con il suo ambiente, dove finisce per adagiarsi solo per quieto vivere.
La Roma di Pio VII che esce dal film è un luogo di barbarie e di oscurantismo, di oppressione e corruzione, dove persino l'arte è sciocca, vacua e non ha più nulla da dire (alla faccia di tutti i capolavori artistici della nostra capitale!). La digressione sui sopranisti e attori castrati – che sarebbero un frutto del governo pontificio sulla città – sono la ciliegina su una torta già sovraccarica.
Sordi è un po' troppo pieno di sé per parlare di una buona interpretazione, la quale scade molte volte in una comicità greve e grossolana. Mi pare anche che il regista lo lasci troppo spesso in balia di se stesso, e che più di qualche scena con l'attore sia per questo stiracchiata. Paolo Stoppa, che è da sempre specializzato in ruoli antipatici, ci offre un Pio VII odioso, arcigno e grifagno quanto lo voleva Monicelli. Flavio Bucci è il prete libero pensatore, genio e riformatore, che per questo viene ghigliottinato.
L'impegno produttivo fu enorme, ma secondo me era degno di altra causa. Secondo me l'acredine anticattolica del film finisce per mangiarselo e appesantirlo allo stesso tempo. Forse anche per questo è così lungo, perché in esso si è voluto dire molto, e molto più della semplice vicenda della trama. 

locandina di Il Marchese del Grillo

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